Le nuove frontiere tecnologiche: “AI”

“Coronavirus, Alibaba: l’intelligenza artificiale esegue il test in 20 secondi”. È il titolo di un articolo pubblicato su “La Repubblica” che mi ha dato modo di riflettere su quanto importante sia l’intelligenza artificiale per aziende, governi e, senza dubbio, per ciascun individuo.

È un caso che abbiamo studiato a fondo, perché in “Artea.com” ci occupiamo di “Intelligenza Artificiale” (AI) e sviluppiamo soluzioni tecnologiche in grado di estrarre le informazioni utili dai dati, al fine di usarle per insegnare alle macchine a predire qualcosa di utile per il business dei nostri clienti. È esattamente quanto fatto da Alibaba, per aiutare il proprio Paese nella lotta contro la pandemia sanitaria.

Il metodo di Alibaba
La Damo Academy, istituto della multinazionale cinese, ha sviluppato un algoritmo, ovvero un procedimento informatico capace di risolvere un problema sulla base dei dati disponibili, in grado di diagnosticare casi di Covid-19 in soli 20 secondi, distinguendoli da quelli delle comuni polmoniti.

Ma non è solo l’impressionante velocità di diagnosi a colpirmi: questo metodo ha un livello di accuratezza del 96%!
Qual è il segreto dell’istituto di ricerca cinese che ha sviluppato questo metodo? È semplice: la disponibilità di una grande mole di dati e, ovviamente, la capacità di utilizzarli al meglio. “Il nuovo metodo” spiegano dall’istituto di ricerca cinese “sfrutta complessi sistemi di analisi basati sul machine learning e addestrati con i dati campione di oltre 5 mila casi confermati, secondo le linee guida delle ultime ricerche effettuate sull’epidemia, che negli ultimi mesi si è rapidamente diffusa a livello globale”.

I medici che si trovano oggi in prima linea a combattere contro la pandemia possono così contare su una tecnologia capace di aggregare/elaborare, in poche frazioni di secondo, tante informazioni che molto difficilmente un uomo potrebbe apprendere e valutare.

È possibile, quindi, compiere precise scelte su ogni paziente in pochi secondi, aumentando il numero di visite giornaliere, rassicurando i pazienti non infetti, isolando quelli infetti e riducendo drasticamente la possibilità di contagio sulla popolazione sana.
Il valore del risultato finale è talmente grande da non essere misurabile in termini economici e sociali.

Cosa ci insegna l’AI?
Questo risultato è stato raggiunto in Cina grazie alla disponibilità di una grande massa di dati (l’articolo parla di 5.000 test di soggetti positivi al Covid-19) per “allenare” l’algoritmo a identificare il virus su nuovi pazienti. Quindi, la disponibilità di un’unica banca dati organizzata contenente i dati delle persone è il punto di partenza. Ma i campi applicativi resi possibili da una simile banca dati organizzata sono pressoché infiniti.

Proviamo, allora, a fare un ragionamento più ampio. Riflettiamo sul numero dei dati sanitari che un individuo genera dal momento della sua nascita. Sin dal nostro primo giorno di vita incontriamo medici e farmacisti, ci sottoponiamo a esami clinici, esami diagnostici e ricorriamo ai servizi delle strutture ospedaliere (interventi, visite, esami, e così via). Ora, ipotizziamo che ognuno di noi abbia una sua area personale, sulla quale viene registrata in sicurezza qualsiasi informazione relativa alla sua salute (storia clinica, abitudini alimentari, ecc.) e sulla quale trasmette i suoi dati fisiologici (frequenza cardiaca, passi giornalieri ecc.) attraverso “wearable” (dispositivi indossabili come gli smartwatch e altri).

Può sembrare uno scenario da “Grande Fratello”, ma immaginiamo che ognuno di noi possegga in sicurezza i propri dati sanitari e che possa scegliere di condividerli con gli ospedali, i medici, i farmacisti, sia per gestire in maniera più appropriata le proprie cure (per esempio, in caso di pazienti con malattie croniche), sia per contribuire a effettuare studi e ricerche.

Si potrebbero allora effettuare analisi su larga scala. I dati trasmessi al mondo della ricerca avrebbero un tale livello di dettaglio e una quantità mai vista prima e le evidenze ottenute dalle analisi di così tanti dati e di così tante persone, probabilmente, ci permetterebbero di approcciare diversamente una serie di patologie che affliggono oggi l’umanità, e favorire la giusta cura per il benessere di ciascuno. Il tema della prevenzione, analizzando i vari cluster di pazienti, potrebbe diventare una realtà ben più grande di quanto non lo sia oggi. E, forse, anche l’insorgere delle epidemie potrebbe essere gestita diversamente per ogni cluster di popolazione.

Come utilizzarla
I mezzi per realizzare un sistema fondato sull’intelligenza artificiale ci sono. La base di tutto è un sistema centrale che raccoglie ordinatamente, e con logiche da Big Data, tutte le fonti dati in un unico Hub. Se volessimo quindi organizzare la nostra attività secondo un sistema simile, dovremmo seguire questi tre passi:
1. Il primo passo per rilasciare un’applicazione di Intelligenza Artificiale è creare un accesso diretto e affidabile ai sistemi e alle basi dati che verranno poi sfruttate dai diversi algoritmi.
2. Con i dati può partire una parte esplorativa che, attraverso strumenti analitici, inquadra il problema, mentre attraverso algoritmi di “Machine Learning” crea ancora più valore.
3. Dopo aver integrato le sorgenti e aver sviluppato gli algoritmi, rimane un ultimo passo: permettere agli utenti di fare leva su questo nuovo strumento attraverso applicazioni semplici e immediate da usare.

Tutto ciò ci dà un’idea dell’incredibile potenziale espresso dall’innovazione tecnologica, per ricerche e analisi su larga scala, ma l’approccio indicato sopra è il medesimo anche per semplificare e risolvere alcune problematiche che affrontiamo quotidianamente.
Ricollegandomi a quanto detto, cioè dare la possibilità alla persona di avere una sua area personale protetta dove collezionare tutta la sua vita sanitaria e poterne poi disporre come desidera, gli consentirebbe di condividere le sue eventuali patologie croniche non soltanto con il medico, ma anche con il farmacista. Quest’ultimo, per esempio, avrebbe allora la possibilità di avvisare tempestivamente il proprio cliente/paziente che sta terminando un determinato farmaco, indispensabile per affrontare la sua patologia, e allo stesso tempo potrebbe informare il suo medico di base per l’emissione di una nuova prescrizione. Si crea cosi un circolo virtuoso che monitora l’aderenza alla cura, che insieme all’appropriatezza concorre al successo del trattamento.

AI applicata alle vendite
Ma l’intelligenza artificale si può applicare anche alle vendite in farmacia. Con la mole di dati che riguardano le abitudini di acquisto, collezionabili attraverso gli scontrini e le carte di fedeltà, è possibile sviluppare modelli di machine learning che permettono sia di ottimizzare la gestione del magazzino, sia soprattutto di individuare il mix e le combinazioni di prodotti più frequentemente venduti, proponendoli al farmacista come abbinamento (“cross-selling”) rispetto al singolo prodotto richiesto dal cliente.

La raccolta di dati attraverso le carte fedeltà consente lo sviluppo di modelli di suggerimento/raccomandazione (mix di prodotti, promozioni, ecc.) al cliente, personalizzati in base alle sue precedenti esperienze d’acquisto e in questa maniera individuare eventuali propensioni a sperimentare nuovi prodotti e/o marchi.

Sottolineo, infine, l’utilità delle informazioni fornite simultaneamente al farmacista nel momento in cui il cliente viene identificato attraverso la propria carta fedeltà o, se è disponibile, con l’utilizzo di device che ne consentono il riconoscimento immediato (tipologia del cliente, propensione all’innovazione, abitudinario, occasionale, fedele, e così via). Potrei citare altri esempi di applicazioni più specifici, ma non vorrei dilungarmi troppo, anche perché l’intelligenza artificiale ha le carte in regola per divenire un valido e fidato alleato dell’uomo in ogni campo della vita.

Grazie all’intelligenza artificiale, infatti, ogni azienda ha l’occasione di risolvere alcune classi di problemi difficilmente risolvibili con approcci tradizionali. Come avviene con l’algoritmo prodotto da Alibaba, che permette di accorciare i tempi di diagnosi sui pazienti, gli algoritmi di Machine Learning, allenati per fare analisi computazionali che al cervello umano richiederebbero troppo tempo, possono essere utilizzati in ambito aziendale, ottenendo risultati ad alto valore economico.

Attenzione, però, a non pretendere di risolvere tutti i problemi con l’Intelligenza Artificiale. E, soprattutto, bisogna ricordare che solamente un’accurata collezione di tutti i dati generati e raccolti in ogni dipartimento di un’azienda è condizione indispensabile per poter successivamente testare e valutare quali modelli di Machine Learning meglio rispondono alle esigenze di quello specifico business.

Concludendo, la centralità del paziente, in un sistema capace di raccogliere e gestire tutti i suoi dati senza vincoli, è analoga alla centralità di una specifica azienda, con tutti i suoi dati. Quindi, la possibilità di avere o meno un sistema capace di gestire e organizzare questa mole di dati e interagire con le differenti entità, è la base di partenza fondamentale. Su questa struttura vanno testati e “innestati” i modelli di Machine Learning, con le dovute cautele di approccio e prendendo in considerazione le peculiarità di ogni ambito applicativo, perché non esistono soluzioni pronte all’uso per tutti.

(di Lorenzo Brambilla, Artea.com srl, Farma Mese 7-2020 © riproduzione riservata)

2020-09-11T14:52:25+02:00