Ritorna spesso in mente la preziosa riflessione di Papa Francesco: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla». Purtroppo questo sta succedendo. Il Covid ci ha dimostrato la fragilità dell’assistenza sanitaria territoriale, l’ancestrale divario tra strutture del Nord e del Sud, le criticità del personale sanitario, le carenze legate all’arretratezza tecnologica e le difficoltà causate dalle diverse politiche regionali. Ci ha, però, anche rivelato la grande capacità di reazione, tipica degli italiani, di fronte alle difficoltà. Pensiamo all’abnegazione dimostrata da medici e infermieri ospedalieri e -limitandoci alla farmacia- al rapido ampliamento dei servizi, alla diffusione della ricetta elettronica, alla consegna domiciliare, all’allestimento dei dispositivi di protezione, all’offerta di test, tamponi e vaccini.
Insomma, la pandemia ha tirato fuori il peggio della sanità e il meglio della farmacia, provocando cambiamenti capaci di scardinare molti equilibri, che l’emergenza ha dimostrato anchilosati. Saper misurare le innovazioni nelle abitudini sia dei cittadini, sia dei professionisti sanitari significa poter consentire ai decisori politici d’individuare le strategie più opportune per poter affrontare l’indispensabile rinnovamento del settore. Impegno ora importantissimo, visto che le risorse del Pnrr forniranno un’opportunità imperdibile per il rilancio del Ssn e dell’intero sistema salute. Un’eredità da non perdere.
L’occasione non va sprecata. Provoca, allora, amarezza constatare che manca talvolta la capacità di guardare oltre il problema contingente: nel caso dei tamponi o dei vaccini, per esempio, non serve contestare un prezzo non adeguato all’impegno, se questo consente di confermare il ruolo sanitario della professione e ad aprire la porta a nuovi servizi, di cui i vaccini rappresentano solo un primo importante passo. Guardare oltre significa coltivare disegni ambiziosi, sviluppare competenze adeguate sia professionali, sia manageriali, individuare linee di sviluppo che le risorse economiche in arrivo rendono possibili. E non saranno certo le Case di comunità, una ogni 40-50.000 abitanti, a garantire la necessaria assistenza capillare, quanto piuttosto strutture ramificate e ben distribuite, come, per esempio, una ogni 3.100 abitanti.
Ci sono obiettivi più preziosi a cui puntare e che dovrebbero stimolare fantasia e impegno. Pensiamo alla necessità di cambiare un piano di studi universitario ormai obsoleto, all’opportunità di rivisitare le competenze e, di conseguenza, i ruoli professionali, grazie alle tecnologie digitali e alla telemedicina (perché non incominciamo a parlare di telefarmacia?). E, ancora, pensiamo all’opportunità di specializzarsi, di utilizzare i dati dei consumi farmaceutici con finalità di ricerca e di cura, o all’ormai improrogabile interdisciplinarità professionale tra medici e farmacisti, per una reale sinergia assistenziale sul territorio.
Le opportunità per creare alla farmacia un nuovo futuro non mancano di certo. L’importante è non lasciar cadere gli stimoli che il Covid ci manda e l’eredità che il Pnrr ci prospetta.
(Editoriale di Lorenzo Verlato, Farma Mese n. 9/2021 ©riproduzione riservata)