Perché non utilizzare le farmacie, diffuse capillarmente sul territorio, per cercare di ridurre le lunghe e disastrose liste d’attesa, denunciate dal Dataroom di Agenas? Se l’è chiesto il presidente di Federfarma, Marco Cossolo, riprendendo su “Farma 7”, l’allarme lanciato da Milena Gabanelli e Simona Ravizza.
Durante la pandemia si sono persi oltre 3 milioni di Ecg, mezzo milione di mammografie, centinaia di migliaia di esami diagnostici e così sul “Corriere della Sera” titolano: “Chi può paga e gli altri aspettano”.
Il problema riguarda ogni Regione. Facendo riferimento agli elettrocardiogrammi, per esempio, risulta che la Liguria è sotto del 40%, il Piemonte del 39%, la Sardegna di poco meno del 31% e il Veneto del 27%. E non è una questione di soldi, perché la Legge di Bilancio 2021 aveva messo a disposizione 500 milioni di euro proprio per pagare più prestazioni e medici.
Ma alla soluzione del problema si oppongono tre ostacoli: innanzitutto l’aumento delle richieste e, quindi, del volume di attività post-Covid, poi la cronica carenza di medici (molti sono andati in pensione e non sono stati rimpiazzati) e, infine, la preferenza, da parte delle strutture private convenzionate, a favorire le prestazioni a pagamento rispetto a quelle con il Ssn.
Soluzioni a breve non se ne vedono, a meno di non allargare gli orizzonti. Per esempio, sono circa 8.000 le farmacie dotate di apparecchiature elettromedicali di tipo ospedaliero e i dati dimostrano che la farmacia è ora “un presidio di prossimità territoriale tecnologicamente avanzato, efficiente ed efficace anello di congiunzione tra Ssn e cittadini”.
I servizi di telemedicina dal 2021 a oggi sono più che triplicati, i dati raccolti vengono citati e accreditati nei congressi scientifici, e prezzi e condizioni potrebbero essere normati a livello nazionale, così come avvenuto per vaccini e tamponi.
Basterebbe, allora, convenzionare queste attività -afferma Cossolo, precisando: “su questo stiamo lavorando”- per garantire a tutti i cittadini il diritto di usufruire di un servizio veloce e con elevati standard di qualità. E contribuire così a ridurre le lunghe liste d’attesa e le fastidiose code.
Un Servizio sanitario nazionale che si fonda su universalità, uguaglianza ed equità non può permettersi di dirottare i suoi assistiti verso le strutture private, né la diffusa povertà sanitaria può giustificare l’obbligato ricorso a prestazioni a pagamento. Vanno, quindi, trovati -se si vuole essere universali, uguali ed equi- i rimedi per consentire a tutti di ottenere le prestazioni sanitarie prescritte.
E non è soltanto una questione di principi, ma anche di convenienza: ritardare esami e terapie significa sopportare poi costi sanitari e ospedalieri assai pesanti.
In fin dei conti, allora, perché non avvalersi della nuova “farmacia dei servizi”? Esami di prima istanza, elettrocardiogrammi, holter pressori e cardiaci rientrano perfettamente sia nella normativa, sia nell’offerta professionale del farmacista, sia nell’evoluzione digitale che la società si aspetta dalla farmacia. Non occorre il buon senso, basta solo la volontà politica (forse, ahimè, è proprio questo il problema).
(Editoriale di Lorenzo Verlato, Farma Mese n. 3/23, ©riproduzione riservata)