Pharma-influencer: quando l’influenza non si guarisce con le medicine

Eh sì, capita anche questo. Naturalmente non stiamo parlando delle patologie più o meno stagionali, dovute a cause virali, con le quali i farmacisti sono abituati ad avere a che fare. Ci stiamo riferendo a quel fenomeno in cui il propagatore dell’influenza non è considerato un untore da tenere lontano, ma, al contrario, un apprezzatissimo (e spesso anche pagatissimo) influenzatore di coloro che lo seguono.

Siamo nel mondo digitale, in particolare dei social media, e l’influencer marketing è colui (o colei) che ha un elevato o elevatissimo numero di follower e, dunque, riesce a influenzare le decisioni d’acquisto dei consumatori.
In teoria tutti possono essere degli influencer, tuttavia, se diamo un’occhiata alla classifica dei top 50 al mondo, troviamo al vertice Cristiano Ronaldo, dall’alto dei suoi oltre 500 milioni di follower e, a seguire, la parte del leone la fanno i musicisti/cantanti (Justin Bieber, Ariana Grande, Selena Gomez e così via) insieme a qualche altro sportivo e a qualche attore (Dwayne Johnson e Will Smith). Per trovare un politico bisogna arrivare al diciannovesimo posto di Barack Obama, seguito (al trentaduesimo posto) da Narendra Modi.

Ora, una possibile nostra reazione potrebbe essere: e dunque? Stiamo parlando di un mondo molto distante dalla nostra vita quotidiana. Vero. Se però ci addentriamo un po’ di più in questa realtà, come ha fatto McKinsey con le sue ricerche, scopriamo che il mondo degli influencer è stato segmentato in nano/micro/medio/macro/mega, a seconda che la persona abbia meno di 10.000 follower (nano), da 10 a 50.000, da 50 a 100.000 (medio) e così via fino a superare il milione (i mega influencer). E naturalmente anche i costi dei loro servizi (che sono dei post o delle storie su Instagram o su Tik Tok) varia dalle 3 alle 5 cifre, quindi da 100 € ad alcune decine di migliaia.

Se qualcuno, in questo momento, sta pensando che tutto ciò è ridicolo, che non ha senso pagare un sacco di soldi per avere una storia su Instagram che sparisce dopo 24 ore, ebbene, si badi: gli influencer marketing non sono mica il frutto dell’evoluzione digitale di questo mondo. Basti pensare a quanti personaggi “famosi” in passato hanno fatto pubblicità ad alcuni prodotti. Dunque, quel che è cambiato è il mezzo, ma non il fine. Poi certamente, analizzando i numeri, emerge che l’attore di Hollywood che fa la pubblicità, per esempio, di un caffè, costa moltissimo all’azienda che lo ingaggia e il risultato dell’investimento lo si può evincere in maniera indiretta. Con gli influencer marketing è molto più semplice tenere sotto controllo il Roi, per la gioia di chi fa i conti in azienda.

Ma torniamo a parlare dei nano o micro influencer, cioè di un traguardo raggiungibile da chi si voglia impegnare, senza essere un acclamatissimo cantante o un esponente dello star system internazionale.

Sappiamo molto bene quanto il mondo della farmacia si stia popolando di professionisti che, in alcuni casi dispensano solo consigli o forniscono informazioni al consumatore in merito alla modalità di assunzione di farmaci o riguardo a un corretto stile di vita; in altri casi, tra i consigli compare anche un brand.

Ebbene, che dire? Nulla. È nient’altro che l’attualizzazione di un concetto che, come dicevamo prima, esiste dalla notte dei tempi: far proporre un prodotto a chi ha molti “seguaci”, in modo da aumentarne le vendite. È ovvio che, se al cantante o al calciatore proporre un paio di scarpe o un cosmetico che non ama o le cui caratteristiche possono essere più o meno buone importa fino a un certo punto (vince il cachet…), nel caso del farmacista pharma-influencer entra in gioco il valore del professionista.

Il consumatore lo segue perché crede nella sua competenza. Questo è il grande valore aggiunto. E allora ci piace pensare che sia sempre questo, il motore che traina (e guida) il pharma-influencer.

(di Roberto Valente, Farma Mese n. 5/2023 ©riproduzione riservata)

2023-05-16T14:47:40+02:00