La salute by internet

L’autorevole Deloitte sostiene che la transizione digitale è il pilastro della nuova Europa in cui convergono aspettative e richieste generali dei cittadini. “I cittadini europei -precisa- non solo hanno abbracciato uno stile di vita sempre più digitalizzato, ma hanno anche espresso il desiderio di rendere duraturo questo cambiamento (“Next generation Eu funding and the future of Europe”). E la dimensione di quanto ampia sia ormai la diffusione del digitale nella popolazione europea ce la dà Eurostat, attraverso una ricerca effettuata nelle famiglie tra i componenti compresi tra i 16 e i 74 anni. Ebbene, risulta così che la quasi totalità delle famiglie europee accede a internet.

Nei 27 Stati che compongono la Comunità, infatti, il 92% delle famiglie ha utilizzato nel 2021 l’accesso a internet a banda larga, registrando così uno sviluppo di ben 20 punti percentuali rispetto all’anno 2011, quando raggiungeva il 72%. La ricerca si è concentrata sulla “disponibilità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic) e sul loro utilizzo da parte degli individui e all’interno delle famiglie”, considerata da molti un fattore importante per promuovere una economia moderna e competitiva. In particolare, tra le nazioni con una diffusione quasi completa (99% delle famiglie) abbiamo il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Norvegia, mentre gli indici più bassi li troviamo in Bulgaria (84%) e in Grecia (85%). L’Italia si colloca al ventiduesimo posto, con il 90% delle famiglie, mentre la vicina Svizzera col 99% è allo stesso livello delle prime nazioni dell’Ue.

Gli acquisti via internet
Due terzi dei cittadini europei adulti (16-74 anni) nel 2021 hanno acquistato beni e servizi di vario genere per uso privato via internet. In particolare, sono l’ampia diffusione delle Tic, la facilità di accesso, la disponibilità di scambi anche informativi e la comodità i principali elementi che favoriscono gli accessi alla rete anche nel campo della prevenzione e della salute. Poco più della meta degli intervistati, infatti, cerca informazioni sanitarie online, e il dato si registra anche nell’e-commerce: più di una persona su due si avvale di internet per acquistare beni e servizi e/o per chiedere consigli sulla propria salute. Nel 2015 erano il 45%, nel 2021 sono il 55%, con un balzo di 10 punti percentuali.

Vi sono differenze marcate tra i vari Paesi che compongono la Comunità. In testa vi è la Finlandia con 8 cittadini su 10, in coda con un sensibile distacco vi è la Bulgaria con 4 individui su 10.

L’Italia è al ventesimo posto, con poco più della metà della popolazione adulta sopra definita, circa 24 milioni di persone. Da noi, però, si è registrata, dal 2015 al 2021, una crescita di 23 punti percentuali, nettamente superiore allo sviluppo medio europeo. Intorno alla nostra percentuale vi sono anche il Lussemburgo, la Slovenia, il Portogallo e la Lettonia. Alcuni nostri vicini, come Austria, Grecia e Francia, hanno quote più elevate delle nostre (intorno al 60%), mentre Malta (71%), Svizzera (72%) e Spagna (69%) ci superano nettamente, a differenza, però, della Germania (45%), che risulta tra le peggiori d’Europa.

Le caratteristiche del consumatore
È interessante anche considerare quali siano le caratteristiche del consumatore medio che utilizza internet per i suoi problemi di salute e benessere. Dal rapporto Iqvia su “Il consumatore ibrido: il consumer journey dopo la pandemia, il web e il ruolo della farmacia” emerge che nel mondo ci si avvale sempre di più delle app per la salute e per la prevenzione, valori in crescita anche nella nostra società. E lo dimostra la continua offerta di nuove applicazioni: per gli utilizzatori di Apple Store e Google Play sono disponibili più di 350.000 app dedicate alla salute, al fitness e alla medicina, e nel 2020 sono state inserite negli store più di 91.000 nuove applicazioni, pari a 251 al giorno.

Ecco un grande business per la digital disruption: sempre nel 2020 sono stati investiti in digital health 24 miliardi di dollari. Inoltre, dal 2015 al 2020 è cresciuta dal 10 al 22% la quota, nelle app, delle consultazioni per servizi, prodotti, suggerimenti, consigli online riguardanti malattie specifiche attribuibili al sistema muscolare scheletrico, al sistema respiratorio, al sistema digestivo e circolatorio, al diabete e ai disturbi comportamentali.

Così il digital in Italia
Ecco, allora, che quando si parla di “rivoluzione” digitale non si esagera nei termini. Lo dimostrano anche i dati proposti dalla ricerca elaborata dall’”Osservatorio Internet of things” della School of Management del Politecnico di Milano, che ci offrono un quadro dettagliato della situazione italiana:
• il mercato 2021 di “Internet of things” è stimato in 7,3 miliardi di euro, con un incremento del 22% sul 2020, valore superiore ai 6,2 miliardi di euro del periodo pre-Covid
• gli oggetti connessi sono 110 milioni,1,8 per abitante
• cresce, in particolare, l’offerta di servizi del 25% (valore 3 miliardi di euro)
• si sono registrate 37 milioni di connessioni cellulari e 74 milioni di quelle abilitate da altre tecnologie di comunicazioni (+25%)
• il Pnrr ha stanziato ben 30 miliardi di euro per progetti internet, di cui 4 miliardi di euro per l’Assisted Living e, in particolare, per la telemedicina.

Si capisce, allora, perché, per acquistare un farmaco da banco, un integratore, un prodotto o servizio per la salute, l’italiano stia sempre più diventando omnicanale. Certo, si avvale principalmente della farmacia, come luogo fisso sul territorio, ma sempre più utilizza anche gli strumenti digitali, in base alle diverse opportunità offerte.
Dal punto di vista fisico, la farmacia è tutt’oggi scelta da due terzi degli intervistati, l’online da un quarto, seguono, poi, le parafarmacie, gli iper/supermercati, i negozi di cura della persona e, in piccola parte, le erboristerie. Dal punto di vista soltanto online, invece, i due principali canali di vendita risultano essere le farmacie e le parafarmacie (46%), seguite a ruota da Amazon (40%).

Interessante anche conoscere quali siano le motivazioni che spingono il consumatore ad acquistare online. Diversi sono i motivi: il principale è il prezzo più conveniente, tant’è vero che circa un terzo si avvale delle promozioni, ma due acquirenti su dieci dichiarano di utilizzare la rete per altri due validi motivi, cioè la consegna a casa o in ufficio e il risparmio di tempo. Infine, un 15% dichiara di preferire l’online perché il web consente di vedere e confrontare i prodotti e le offerte. In generale, però, si consideri che quanti acquistano di persona hanno una predisposizione a frequentare i negozi fisici, le farmacie in particolare, e che il 12% degli italiani dichiara di aver sfiducia nei portali online.

Piaccia o non piaccia, rimane il fatto che il digitale avanza anno dopo anno, risulta sempre più diffuso in tutti i Paesi industrializzati, è il mezzo che accelera le conoscenze, le comunicazioni, e anche le vendite in ambito sanitario. I dati, che le ricerche sopra elencate testimoniano, dimostrano che il digitale spazia sempre più nel campo della salute fisica, mentale e sociale delle persone, consentendo di ridurre le cattive abitudini e di diffondere stili di prevenzione ed educazione alla salute. Non considerare tutti questi aspetti sarebbe controproducente e per la farmacia -hub sanitario polivalente- addirittura deleterio. Visto, poi, che l’Italia non risulta tra le prime nazioni europee a utilizzare i servizi digitali in ambito sanitario, la conclusione non offre alternative, se si vuole evitare di rimanere fanalino di coda: bisogna investire, rinnovarsi e adeguarsi a un contesto sempre più digitale.

(di Barnaba Grigis, Farma Mese n. 6/2022 ©riproduzione riservata)

2022-06-10T17:24:11+02:00