L’allarme l’aveva lanciato più di un anno fa “Pharmacy Scanner”, registrando uno strisciante malcontento tra i dipendenti della farmacia, poi verificato e analizzato grazie a una survey che aveva permesso di mettere il dito nella piaga. La carenza di personale era in crescente aumento e trovare nuovi collaboratori stava diventando sempre più problematico.
Le cause indicate erano molteplici: un numero di neolaureati non sufficiente, causa il numero chiuso delle facoltà di Farmacia; l’apertura di nuove farmacie e parafarmacie; l’ampliamento dei servizi e degli orari a seguito della pandemia; la necessità di trovare nuove forze per test e vaccinazioni.
Va precisato che il problema non è soltanto italiano, e neppure soltanto della farmacia. Anche all’estero si registra la stessa carenza di farmacisti: l’offerta di collaboratori è inferiore rispetto alle necessità e da tempo in Inghilterra, per esempio, le catene si rubano i collaboratori a vicenda, con lusinghe e benefit aziendali. E poi tutto il comparto del commercio registra la stessa problematica, legata al fatto che i giovani sono diventati più esigenti, meno disposti a fare turni serali o a lavorare durante il weekend.
Le varie cause della carenza
Già quella prima survey organizzata da Pharmacy Scanner aveva permesso d’individuare precise motivazioni: innanzitutto la questione economica, stipendi non più ritenuti adeguati rispetto agli impegni professionali. Tant’è vero che sta aumentando la scelta di preferire il lavoro autonomo, cioè di lavorare in farmacia con la partita Iva, che consente di guadagnare bene (a volte anche meglio) e nel contempo di godere di maggiore flessibilità. C’è poi la questione “carriera”, che la dimensione familiare della farmacia rende spesso proibitiva, e poi la questione “professionale”, spesso compressa da un ambiente che non sempre consente di sviluppare le proprie competenze e ambizioni. Sembra però che stia diventando preminente la questione ”qualità di vita”, per giovani non più disposti a sacrificare la loro libertà per un impegno lavorativo troppo stringente.

L’ultimo Rapporto annuale di Alma Laurea, consorzio interuniversitario che raggruppa 80 atenei italiani, consente di dare la misura del problema. L’ultima analisi, aggiornata al 2022, rivela che l’84,7% dei neolaureati ha trovato lavoro entro un anno dalla laurea, quando dieci anni fa era soltanto il 54,3% nella stessa situazione. Ma attenzione: nel 2013 era il 66,3% che lavorava nel commercio -cioè farmacia, parafarmacia o corner farmaceutico- mentre ora è soltanto il 52,7% che lavora dietro il banco.
Anche i dati relativi ai farmacisti occupati a cinque anni dalla laurea confermano questa tendenza: nel 2013 erano l’84,5%, meno quindi degli attuali 90,3%, ma quelli assunti in una farmacia erano il 70,8% rispetto agli attuali 52,1%. Quindi, la laurea in farmacia oggi offre migliori opportunità lavorative rispetto a dieci anni fa, ma farsi assumere da una farmacia non è più lo sbocco professionale preferito.
Ma quali sono allora le occupazioni che i giovani farmacisti preferiscono? La scuola, per esempio, con una paga inferiore ma maggiore tempo libero, tale da consentire di conciliare meglio lavoro-vita privata. Oppure vengono preferite l’industria e la ricerca, che offrono prospettive di carriera senza dubbio migliori. Questi sbocchi professionali risultano, infatti, percentualmente molto incrementati rispetto a dieci anni fa e sono il segno di una tendenza ormai evidente: il lavoro dietro al banco non attira più come un tempo.
Una crisi di attrattività
Ecco la doppia faccia della medaglia: a fronte di un maggiore apprezzamento da parte dei cittadini sia verso la farmacia in generale, sia verso i professionisti che vi lavorano, si registra da parte dei collaboratori laureati un giudizio negativo sulla qualità del lavoro in farmacia.
Quindi, se per i titolari diventa sempre più problematico trovare e assumere nuovi farmacisti, non è dovuto soltanto all’aumentata concorrenza e alla minore disponibilità di neolaureati, ma anche alla minore attrattività che la farmacia oggi esercita.
Una seconda survey tra i lettori di Pharmacy Scanner, presentata in occasione del lancio di “Scanner Orizzonti”, ha permesso di individuare anche i vari motivi di questo strisciante burnout. Perché sono, infatti, più di uno.
• Stress da lavoro
Il 55,4% degli intervistati, quindi più di un collaboratore su due, dichiara di provare durante il lavoro in farmacia “uno stress molto elevato, non più sostenibile”. Solamente l’11,9% afferma di non subire stress, mentre un 32,7% si colloca in posizione intermedia, dichiarando quindi di lavorare con uno stress almeno “sostenibile”. Insomma, la stragrande maggioranza dà una valutazione negativa del suo impegno lavorativo.
• Equilibrio vita-lavoro
Il 63,5% dei partecipanti al sondaggio accusa di condurre una vita “dominata dal lavoro”, mentre una posizione intermedia viene indicata dal 23,3%. Di converso, il 13,3% dichiara di avere un buon “bilanciamento tra lavoro e vita privata” (solamente il 3,1% lo definisce “ottimo”). Quindi, meno di due collaboratori su dieci affermano di essere soddisfatti del loro equilibrio vita-lavoro.
• Carico di lavoro
A giustificazione del precedente dato viene citato l’eccessivo carico di lavoro: il 56% degli intervistati dichiara che esso è “spropositato”, al punto di non poterlo più gestire, mentre soltanto il 7,6% afferma “ho un carico di lavoro molto basso e potrei gestirne di più”. In posizione intermedia abbiamo il 36,5% dei rispondenti, quelli che evidentemente ritengono di affrontare in farmacia un impegno proporzionato alle loro forze. D’altra parte, la carenza di personale necessariamente provoca il troppo lavoro, ed è un po’ come il cane che si morde la coda.

In generale, quindi, quest’ultima survey riservata esclusivamente ai dipendenti laureati (per il 78,7% collaboratori, 19,4% direttori e 1,9% area manager delle catene), conferma come lavorare in farmacia non sia più di grande attrazione, perché prevalgono le valutazioni negative. E ne è una riprova finale il fatto che il 49,7% degli intervistati, quindi uno su due, pensa nel giro di 5 anni di andare a lavorare altrove. Solamente il 28,9% si rivede impegnato nella stessa farmacia e il 21,4% assunto in un’altra farmacia.

Fonte dei grafici: Scanner Orizzonti – Giulio Muro
C’è quindi, secondo Giulio Muro, head hunter di Profili, esperto reclutatore e creatore delle survey, la necessità per il titolare di migliorare l’attrattività della sua farmacia, non soltanto nei confronti della clientela, ma anche nei riguardi del proprio personale.
Per esempio, cercando non soltanto di migliorare la retribuzione, ma anche valorizzando il ruolo dei collaboratori o proponendo benefit e programmi di welfare a loro particolarmente graditi.
Non meno importante, poi, è rivedere l’organizzazione del lavoro nella propria farmacia, cercando di capire come meglio suddividere i compiti e, soprattutto, come valorizzare le specifiche competenze. Con una precisa avvertenza: avere dietro il banco un collaboratore stanco e sfiduciato può rivelarsi assai pericoloso.
(Farma Mese n. 8/2023 ©riproduzione riservata)