Dopo la panoramica sulla situazione europea, lo Stada Health Report, l’indagine promossa dal Gruppo Stada che ogni anno analizza il rapporto tra cittadini e salute, approfondisce ora le realtà locali, evidenziando caratteristiche e peculiarità dei singoli Paesi. I risultati italiani sono stati presentati a Milano nel mese di ottobre. Vediamo cosa ne è emerso.
Come per il report europeo, anche quello italiano parte dal tema della salute mentale. E anche in questo caso i dati sono in miglioramento: nonostante i tempi difficili, infatti, il 70% degli italiani definirebbe la propria salute mentale come “buona” o “molto buona” (nel 2022 erano il 60%). La percentuale non è uniforme tra uomini (77%) e donne (64%), mentre mette d’accordo gli over 55 (77%). Al di là delle differenze, però, l’aspetto positivo è che di salute mentale si parla sempre di più, come è emerso durante la conferenza stampa di presentazione, ed è aumentata la consapevolezza dell’importanza di prendersene cura. «Le persone si rivolgono con sempre maggiore fiducia agli specialisti di salute mentale» ha osservato Giancarlo Marenco, presidente della Federazione italiana psicologi. Lo ha confermato anche Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva: «Il tema è sempre più al centro dell’attenzione, anche se ancora riscontriamo difficoltà di accesso allo specialista di salute mentale, che al di là di iniziative non continuative come il “bonus psicologo”, vede ancora la discriminante tra chi può e non può permetterselo. Tra i servizi territoriali, quelli dedicati alla salute mentale sono quelli più in sofferenza».

«Per questo è importante» ha aggiunto ancora Marenco «che i tanti disegni di legge che prevedono l’istituzione della figura dello psicologo di base completino il proprio iter legislativo, così che la forte domanda da parte della popolazione possa trovare una risposta nel servizio pubblico, con tempi relativamente brevi».
Salvatore Butti, general manager e managing director di Eg Stada, ha portato l’esempio dell’azienda che dirige, particolarmente attenta al tema: «come azienda abbiamo istituito un servizio per i dipendenti e i loro familiari per usufruire di un supporto psicologico in forma anonima e individuale, tramite un’app dedicata. Inoltre, Eg ha offerto il supporto non condizionato all’Ecm “Burnout nel settore sanitario” erogato in modalità Fad fino al 15 dicembre, rivolto al personale che appartiene a categorie la cui salute mentale è a rischio, come quello sanitario».
Fondamentale continuare a proporre iniziative per sensibilizzare e per rendere più accessibile la cura della salute mentale, anche perché, scorrendo ancora i dati del report, quasi il 20% degli italiani teme che questa potrebbe peggiorare nei prossimi anni. Infatti, anche se il 67% dichiara di dormire bene (dato in miglioramento: l’anno scorso era il 59%) le preoccupazioni sono sempre tante: il 63% ha paura di perdere un proprio caro, il 61% è preoccupato per problemi di salute e la metà del campione non è sereno per la propria situazione finanziaria. Di questi timori si tende però a parlare soprattutto in famiglia (44%); meno con un professionista (7%). Un quarto degli intervistati, infine, tende a non parlarne affatto, caricandosi da solo di questo pesante fardello.
Prevenzione: c’è tanto da fare
E veniamo al tema che ha dato il titolo al report: la prevenzione. Il primo dato che salta all’occhio è che il 91% degli italiani non si sottopone ad adeguati controlli preventivi. Scomponendo questo risultato, vediamo che è costituito da un 42% che non si presenta ad alcun controllo, e da un 49% che si sottopone soltanto ad alcuni. Di quali controlli parliamo? Dentista (59%), esami del sangue (51%), controlli sanitari generali (47%), screening per il tumore all’intestino (30%) e della pelle (26%). L’11%, infine, si sottopone a gastroscopia. La medicina di genere vede la forbice ampliarsi e le donne in questo caso sono più virtuose: il 69% si sottopone ai controlli ginecologici e il 66% allo screening per il tumore della mammella. Gli uomini sono tradizionalmente più restii a farsi visitare quando si tratta dell’area uro-genitale: solo il 42% degli over 55 si sottopone agli screening per la prostata, mentre uno sparuto 9% a quelli per il tumore ai testicoli.



Insomma, c’è ancora molto da fare dal punto di vista dell’informazione sull’importanza dei controlli di prevenzione, perché il 29% non è neppure a conoscenza dell’esistenza di questi screening, un 16% pensa di non averne bisogno e il 18% si rifugia dietro la mancanza di tempo. C’è però un dato che deve far riflettere: il 29% afferma di non poterseli permettere. Questo apre le porte al grande tema dell’accessibilità delle cure e dei presidi sanitari e a quel senso di sfiducia verso la sanità pubblica che gli italiani condividono con i concittadini di tutta Europa.
Anche per l’Italia, la fiducia verso il Servizio sanitario nazionale è in calo. Se nel 2023 era al 69%, nel 2022 era scesa al 62%, quest’anno è ferma al 51%. Questo calo della fiducia si registra in tutto il continente. Ma, nel caso dell’Italia, una possibile risposta, ancorché parziale, sembra arrivare proprio dalla farmacia. Siamo infatti il secondo Paese più fedele alle farmacie locali. Alla domanda “con quale frequenza si reca in farmacia/parafarmacia?” il 75% delle donne e il 76% degli over 55 risponde “almeno una volta al mese”.
La farmacia per gli italiani
Quello che emerge dal Report è un ruolo della farmacia che va oltre la semplice dispensazione di farmaci. Importante l’aspetto di consiglio, anche su argomenti “tabù”, di cui una buona percentuale (76%) usufruirebbe anche a pagamento. In crescita anche l’interesse verso i servizi digitali, come la possibilità di effettuare ordini online presso la propria farmacia.
Ma il ruolo della farmacia italiana è fondamentale anche per cercare di supplire ad alcune carenze rilevate nell’accesso alle cure preventive. «La farmacia è sempre di più un centro di prevenzione» ha commentato Alfredo Procaccini, vicepresidente di Federfarma. «La difficoltà di accesso alle strutture del Ssn ha fatto sì che il cittadino si rendesse conto del valore della prossimità e della capillarità della farmacia per alcuni servizi non emergenziali. Per non parlare del valore della vaccinazione in farmacia: anche questa è prevenzione».
«Il rallentamento dato dal Covid sulla prevenzione è stato importante e la farmacia può fare molto per recuperare» ha aggiunto Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma. «Tante le iniziative di screening fatte in passato come il DiaDay, grazie al quale le 5.000 farmacie aderenti hanno potuto individuare 4.300 pazienti che non sapevano di essere diabetici e inviarli dal medico di medicina generale per intraprendere il necessario percorso di cura. Ma abbiamo anche tante attività in corso, anche di medicina di genere, per esempio sul rischio cardiovascolare delle donne. Va ricordato che nelle aree del Paese dove non c’è il pronto soccorso» ha concluso «c’è la farmacia, che può effettuare un Ecg e salvare una vita. C’è ancora tanto da fare, ma la farmacia è pronta ad affrontare questa sfida».
E l’Italia guarda avanti anche dal punto di vista del digitale: è nella top 3 europea per l’uso della ricetta elettronica, citata come servizio utilizzato abitualmente dal 76% degli intervistati (contro una media europea del 45%), media che sale all’82% negli over 55. Italiani tra i più propensi anche alle vaccinazioni in farmacia, con una percentuale, il 40%, nettamente sopra alla media europea, che è del 24%.
(di Ilaria Sicchirollo, Farma Mese n. 9/23, ©riproduzione riservata)