Questo sembra essere un tema di assoluta attualità di fronte al quale, come sempre, si può avere un atteggiamento di scetticismo e disinteresse (talvolta, dico solo talvolta, associato a una scarsa comprensione del fenomeno), oppure si può nutrire curiosità e dunque interesse.
Bene, che ci piaccia o no, in tutto il mondo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sta procedendo a gran velocità e tocca ambiti anche molto diversi tra loro: dall’automotive al retail, dalla finanza all’industria manifatturiera, dall’agricoltura all’educazione, senza trascurare, ma anzi rivolgendo una particolare attenzione al mondo della sanità.
A proposito di quest’ultimo settore, in tutto il mondo l’IA (così viene abbreviata) è utilizzata per l’analisi di immagini mediche, la diagnosi di malattie, la gestione dei dati sanitari e la ricerca farmaceutica. Tuttavia, da un recente articolo del Wall Street Journal si apprende che “Per le aziende che implementano l’intelligenza artificiale generativa, l’idea di mantenere un essere umano coinvolto è fondamentale, ma far sì che quell’essere umano comprenda appieno quel ruolo può essere una sfida”.
Presso Baptist Health (un’organizzazione sanitaria con diversi ospedali in Florida), per esempio, nei casi in cui l’intelligenza artificiale riassume le conversazioni registrate tra medici e pazienti, “si confida che i medici ricontrollino diligentemente poiché le loro carriere e reputazione sono in gioco” (cit.). Cosi come, verrebbe da aggiungere, la salute e la vita dei pazienti…
Dunque, per riassumere: fidati, ma verifica. Ovviamente l’accuratezza degli output forniti dall’intelligenza artificiale andrà aumentando con il perfezionamento delle tecnologie, cosa che, probabilmente, non tarderà.
Ma veniamo al mondo delle farmacie: in che modo l’IA potrà impattare sul lavoro giornaliero? Quali i rischi e quali le opportunità?
Indubbiamente uno dei vantaggi che possono derivare dall’utilizzo di sistemi di IA in farmacia è una maggiore efficienza operativa, dovuta all’automatizzazione di alcuni processi, si pensi, per esempio, alla gestione delle scorte. Questo permetterebbe di liberare risorse che potrebbero dedicarsi alla gestione del cliente (o supplire alla mancanza di risorse, altro tema di grande attualità).
Un altro beneficio dell’intelligenza artificiale potrebbe essere il miglioramento dell’assistenza al paziente, avendo la possibilità di fornire raccomandazioni personalizzate basate su dati e informazioni attinte da un universo globale e non soltanto dalla propria esperienza personale e conoscenza scientifica. Legato a quest’ultimo punto vi è anche la possibile riduzione di errori umani legati alla preparazione e alla dispensazione dei farmaci.
Un ulteriore passo avanti potrebbe anche prevedere l’utilizzo di chatbot in grado di ascoltare e assistere i pazienti 24 ore su 24, garantendo dunque un elevato livello di servizio e diminuendo l’impiego di personale. La prima parte di questo percorso è, del resto, già attiva con tutte le attività di telemedicina esistenti.
Naturalmente, però, abbiamo anche il rovescio della medaglia: implementare sofisticati sistemi di IA richiede grandi investimenti iniziali; inoltre, come detto prima, l’IA non è immune da errori, almeno per il momento. Da non sottovalutare, infine, i rischi per la privacy, considerando l’enorme quantità di dati che viene gestita.
Ma vi è ancora un punto negativo. A mio avviso il più importante: manca il rapporto umano. E, si badi bene, questa è una relazione biunivoca; non solo il paziente potrebbe sentirsi privato della componente di relazione umana, ma anche il farmacista: nessuno riesce a essere veramente felice semplicemente grazie a una macchina. Come diceva G.B. Shaw: “la vera gioia nella vita è adoperarsi per uno scopo riconosciuto da noi stessi come tale”.
(di Roberto Valente, Farma Mese n. 9/2023 ©riproduzione riservata)